Le giuste dosi alimentari messe a punto da 37 esperti
Cibo e ambiente
allungano la vita
ELISABETTA MORO, ANTROPOLOGA
Si chiama Planetary Health Diet. Dieta sana planetaria. E promette di salvare l’uomo e il pianeta in un colpo solo. Perché la cattiva alimentazione sta ostruendo le vene dell’uomo ma anche quelle del mondo. Rischiando di portarci al collasso. A dirlo è una commissione di trentasette esperti di riconosciuta rilevanza internazionale, provenienti da sedici nazioni diverse, che per oltre due anni ha lavorato con bilancia e bilancino per soppesare le giuste dosi di alimenti che dovremmo assumere quotidianamente.
La grande novità di questa dieta è che nasce dall’incontro di medici nutrizionisti e di scienziati della sostenibilità ambientale. Due campi del sapere che si sono spesso sfiorati ma raramente integrati l’uno con l’altro. Dal loro sodalizio è nato il Rapporto "Food in Anthropocene", pubblicato a gennaio sulla prestigiosa rivista The Lancet Medical Journal.
Il messaggio è forte e chiaro. Niente fake news, diete commerciali e paccottiglia da ciarlatani. La commissione ha fornito le prove scientifiche sui fabbisogni nutrizionali umani e sui livelli sostenibili d’impatto ambientale della produzione agro-alimentare. Perciò tutte le donne e gli uomini di buona volontà, che tengono alla loro salute individuale e insieme alla salvaguardia dell’ecosistema, sono invitati ad aderire alle linee guida indicate. Difficile? Non per chi già mangia la dieta mediterranea, che è proprio quella proposta dal pool - anche se con un nome più altisonante e ambizioso - visto che indica quale esempio virtuoso il modo di mangiare dei greci negli anni Cinquanta. Basato su due pilastri imprescindibili, una netta prevalenza di vegetali e un apporto di grassi pari al 40 % delle calorie quotidiane, fornito quasi esclusivamente dall’olio d’oliva. Risultato, l’aspettativa di vita di allora era maggiore di quella della Grecia di oggi. Ancel Keys, il fisiologo statunitense che per primo ha dimostrato la salubrità dello stile di vita mediterraneo, in quegli anni studiava tre campioni di popolazione a Creta e i suoi pazienti spesso facevano colazione con un bicchiere d’olio. Va tenuto conto che il dispendio calorico di un contadino cretese di allora non è quello di un colletto bianco svizzero di ora. E proprio per questo la Commissione, guidata da Walter Willet nutrizionista dell’Università di Harvard e da Johan Rockström, direttore dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico, ha ricalibrato la dieta che salverà il mondo, portandola a 2.500 calorie. Ecco le dosi giornaliere: 230 grammi di cereali (prevalentemente integrali), mezzo chilo suddiviso tra verdura e frutta, 250 grammi di latticini, 125 di legumi secchi, noci e semi, 50 di patate, 43 di carne, 31 di zucchero, 28 di pesce, 13 di uova. Gli olii vegetali insaturi sono da preferire, extravergine in testa, rimanendo in una forchetta che va da un minimo di 20 ad un massimo di 80 grammi. Sono ammessi anche un pezzetto di lardo o pancetta e qualche cucchiaio di olio di palma.
Perché, la buona notizia è che non è necessario rinunciare ai piaceri della tavola. La Dieta Sana Planetaria consente di armonizzare le esigenze del palato con quelle del pianeta. E molto spesso, per avvicinarsi al profilo dell’onnivoro responsabile auspicato dallo studio, basta ridurre le porzioni, variare un po’ più spesso le pietanze e aggiungere qualche piatto di legumi. Scegliendo prodotti locali. E soprattutto limitando le bibite zuccherate alle feste di compleanno dei bambini. Solo così la Terra sarà in grado di nutrire i 10 miliardi di persone previste per il 2050. Insomma, c’è tutto il tempo per diventare dei gourmet sostenibili.
* Ordinario di Antropologia culturale all’Università di Napoli
17.03.2019