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LE FIRME DEL CAFFÈ
FOGLI IN LIBERTÀ di Renato Martinoni
Capire la realtà vuol dire
poterla spiegare alla nonna
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Renato Martinoni
Ha detto Albert Einstein: "Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna". Dalla bocca dei geni possono uscire delle sciocchezze, si potrebbe obiettare. E invece la massima ha un fondo solido di verità. Anche quando l’argomento è il parlare o lo scrivere "difficile" (variante: parlare o scrivere "bene"). Di tanto in tanto si sente sulla bocca di qualcuno, che ha letto un articolo: "ma come scrive bene!", anche se l’articolo è fatto di parolone-panna montata che non dicono nulla; o, se ha sentito un discorso: "ma come parla bene!", anche se la pappardella è senza sugo, come la pasta riscaldata.
C’è, dietro, un malinteso che per qualcuno è un mito: più la lingua è difficile e più è "bella"; più uno esibisce chiacchiere altisonanti e più dev’essere intelligente e "studiato". Niente di più falso. Solo la lingua specialistica, indirizzata agli specialisti, è difficile. Ma chi la usa è in grado di codificarla e chi la legge o la ascolta sa capirla in fretta e con molta precisione. Sa dunque scrivere bene, non chi usa le "parolone", cioè una maschera inutile e vuota, ma chi sa spiegare cose difficili scrivendo in modo comprensibile. Parla bene, non colui che si nasconde dietro il fumo privo di arrosto, ma chi trasmette dei contenuti, anche complessi, in maniera trasparente. I veri maestri sanno parlare, da studiosi, agli studiosi; se necessario sanno farlo in modo accessibile per un pubblico di non specialisti. Questa doppia capacità è il risultato di un percorso faticoso, fatto di apprendimento, accumulo di conoscenze, rielaborazione di idee, capacità di uscire dal guscio (o dalla prigione) del sapere per spiegarlo, come diceva Einstein, anche alla nonna: cioè a una persona che ha bisogno di essere accompagnata per mano dentro problematiche serie e complesse.
Questo principio ci aiuta a capire l’errore in cui sovente, per troppa fretta, o peggio ignoranza, si cade. Un artista traccia una linea sulla tela? Salta subito fuori chi dice: "sarei capace anch’io di farlo!". "Tuo nonno!", direbbe Tex Willer. La linea di un artista che ha lavorato a lungo (pur dovendo ammettere che nel mondo dell’arte c’è una marea di pseudoartisti) non è un tratto buttato giù a caso. È la sintesi di un discorso articolato che solo gli specialisti sanno vedere. (È come la goccia di grappa: non tutta la grappa è buona, anche se è fatta di gocce. Basta però una goccia per capire se è sopraffina). È dunque importante sapere che la semplicità non è sinonimo di banalità. Al contrario. E viene in mente una poesiuola ipercitata di Trilussa: "C’è un’Ape che se posa / su un bottone de rosa: / lo succhia e se ne va... / Tutto sommato, la felicità / è una piccola cosa".
C’è, dietro, un malinteso che per qualcuno è un mito: più la lingua è difficile e più è "bella"; più uno esibisce chiacchiere altisonanti e più dev’essere intelligente e "studiato". Niente di più falso. Solo la lingua specialistica, indirizzata agli specialisti, è difficile. Ma chi la usa è in grado di codificarla e chi la legge o la ascolta sa capirla in fretta e con molta precisione. Sa dunque scrivere bene, non chi usa le "parolone", cioè una maschera inutile e vuota, ma chi sa spiegare cose difficili scrivendo in modo comprensibile. Parla bene, non colui che si nasconde dietro il fumo privo di arrosto, ma chi trasmette dei contenuti, anche complessi, in maniera trasparente. I veri maestri sanno parlare, da studiosi, agli studiosi; se necessario sanno farlo in modo accessibile per un pubblico di non specialisti. Questa doppia capacità è il risultato di un percorso faticoso, fatto di apprendimento, accumulo di conoscenze, rielaborazione di idee, capacità di uscire dal guscio (o dalla prigione) del sapere per spiegarlo, come diceva Einstein, anche alla nonna: cioè a una persona che ha bisogno di essere accompagnata per mano dentro problematiche serie e complesse.
Questo principio ci aiuta a capire l’errore in cui sovente, per troppa fretta, o peggio ignoranza, si cade. Un artista traccia una linea sulla tela? Salta subito fuori chi dice: "sarei capace anch’io di farlo!". "Tuo nonno!", direbbe Tex Willer. La linea di un artista che ha lavorato a lungo (pur dovendo ammettere che nel mondo dell’arte c’è una marea di pseudoartisti) non è un tratto buttato giù a caso. È la sintesi di un discorso articolato che solo gli specialisti sanno vedere. (È come la goccia di grappa: non tutta la grappa è buona, anche se è fatta di gocce. Basta però una goccia per capire se è sopraffina). È dunque importante sapere che la semplicità non è sinonimo di banalità. Al contrario. E viene in mente una poesiuola ipercitata di Trilussa: "C’è un’Ape che se posa / su un bottone de rosa: / lo succhia e se ne va... / Tutto sommato, la felicità / è una piccola cosa".
27-02-2021 21:30
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